SPOLETO

La Storia

Importante centro umbro, dal III secolo a.C. gravitò nell'orbita romana, fino a divenire colonia, con il nome di Spoletium, nel 241 a.C.La città restò sempre fedele a Roma, soprattutto durante le guerre puniche, quando respinse valorosamente Annibale.Intorno al 100 a.C. fu, secondo quanto riferisce Cicerone, una delle più belle e ricche colonie del centro Italia, e nel 90 a.C. fu Municipio "optime jure" iscritta alla tribù Horatia; patria di Caio Melisso, bibliotecario di Augusto. La città seguì le vicissitudini dell'Impero: cristiana fin dal IV secolo, subì varie invasioni barbariche – vi passarono

Teodorico, Belisario, Totila, Narsete.

Con l'insediamento dei Longobardi in Italia Spoleto fu posta a capo di un importante Ducato, che iniziò nel 569 con Faroaldo I. Con la caduta dei Longobardi alla guida del Ducato subentrarono i Franchi, e quando l'impero carolingio venne smembrato, i duchi di Spoleto tentarono addirittura di

conquistare la corona imperiale: il progetto non poté attuarsi per l'intervento dalla Germania di Federico Barbarossa il quale, sceso in Italia per incontrare il Papa, distrusse la città nel 1155.

Contesa tra Impero e Papato, Spoleto entrò a far parte dello Stato della Chiesa nel 1247. Dopo lunghi anni di lotte tra Guelfi e Ghibellini, la città venne pacificata dal cardinale Albornoz e divenne un centro piuttosto importante: tra i suoi governatori vi fu anche Lucrezia Borgia, nel 1499.

Spoleto attraversa secoli di storia nell'immobilismo dello Stato Pontificio, tra alterne vicende, ma sostanzialmente senza alcuna scossa fino all'occupazione francese: la città diventa capoluogo del Dipartimento del Trasimeno, superando per importanza la stessa Perugia. Dopo la Restaurazione Spoleto è sede di Delegazione Pontificia: fino al 17 settembre 1860, quando entra a far parte dell'Italia unita.

Spoleto è città magnifica: un susseguirsi di angoli caratteristici e suggestioni storiche; un luogo in cui comprendere l'importanza del rapporto tra uomo e natura, e tra storia e paesaggio; un luogo magico, armonico, scenario perfetto per accogliere meraviglie e incantamenti del Festival dei Due Mondi.

 

I Monumenti

 

Il Duomo

Lo splendido duomo di Spoleto, dedicato all'Assunta, venne  costruito alla fine del XII secolo, in stile romanico, al posto dell'antica cattedrale distrutta dal Barbarossa nel 1155, e consacrato da Innocenzo III nel 1198. La facciata, divisa orizzontalmente in tre parti, presenta nella parte inferiore un magnifico portale romanico e un portico rinascimentale; nella parte mediana una galleria cieca, uno splendido rosone e quattro rosoncini; nella parte superiore, di forma triangolare, tre rosoncini e tre arcate ogivali profilate, la mediana con mosaico di sapore bizantino.

A fianco c'è il grande campanile del XII secolo, costruito con materiale di spoglio romano e altomedievale.L'interno, ricostruito nel '600 e rinnovato nel '700, a croce latina, con tre navate e grande abside, presenta importanti opere d'arte: sul portale mediano il busto bronzeo di Urbano

VIII eseguito dal Bernini; gli affreschi del Pinturicchio nella Cappella del Sacro Cuore; quelli, importantissimi, di fra' Filippo Lippi che decorano l'abside; altri affreschi, sculture, un Carracci, ed infine la tomba di Lippi, voluta e pagata da Lorenzo il Magnifico, e con epigrafe del Poliziano.

Dalla canonica, in cui è un archivio che conserva un autografo di S. Francesco, si può scendere nella cripta di S. Primanio: del IX secolo, con volta a botte e affreschi dell'epoca, rappresenta un raro esempio di monumento altomedievale.

 

San Gregorio Maggiore

Chiesa romanica, iniziata nel 1079 e consacrata nel 1146, più volte danneggiata e rinnovata, viene ripristinata nel prospetto e nell'interno in questo secolo.A sinistra della facciata un portico del '500 dal quale si accede nella Cappella degli Innocenti: del '300, è affrescata con scene di S. Abbondanza, sepolta nella chiesa, come riporta un'iscrizione, con altri diecimila martiri.

 

San Nicolò

Chiesa gotica, costruita nel 1304, danneggiata da un incendio nell'800 e restaurata negli anni '70; la facciata presenta un bel portale ogivale; accanto è l'ex convento in cui, nel 1512, alloggiò Lutero.

 

Santa Eufemia

Si accede a questa chiesa attraversando il cortile del Palazzo Vescovile. La struttura, risalente probabilmente al XII secolo, è piuttosto interessante: con semplice facciata, ha interno basilicale a tre navate, con tre absidi e , unica in Umbria, matronei; sull'altare maggiore un bellissimo paliotto in marmo del XIII secolo.

 

Ponte Romano

Detto anche Ponte Sanguinario, è una struttura del I secolo a.C., probabilmente facente parte dei lavori commissionati da Augusto per migliorare la via Flaminia: composto da grandi              blocchi squadrati in travertino, è lungo 24 metri, largo 4.50 e alto 8 , con tre arcate, delle quali una interrata. Secondo alcuni studiosi il nome 'sanguinario' deriva dal fatto che molti martiri furono uccisi là vicino, ma non è certo. Il Ponte venne abbandonato, poiché il torrente Tessino spostò il                   suo letto, e quindi interrato: scoperto nel 1817, fu sistemato sotto la piazza per poter accedere liberamente a Porta Leonina.

 

Teatro Romano

Costruito nei primi anni dell'Impero, con un diametro di 70 m, subì dei crolli e venne ristrutturato già in epoca romana; in seguito il teatro venne nascosto da costruzioni medievali, e fu riportato alla luce solo nel 1954. Nell'orchestra possiamo ancora ammirare parte dell'antica pavimentazione. Sotto la cavea passa un corridoio, coperto da volta a botte, che collega i due accessi alla scena, ed è ancora oggi possibile vedere i fori per i pali del sipario. La facciata era decorata da arcate divise da semi-colonne. Attualmente la struttura ospita concerti, balletti e altre manifestazioni culturali.

                 

Arco di Druso

Eretto dal senato in onore di Druso, figlio di Tiberio, e di Germanico, dopo il 23, costituiva un ingresso monumentale al foro; attualmente è in parte interrato, in parte nascosto dalle case. Classico, costruito in blocchi di calcare, a un solo fornice, presenta lesene con capitelli corinzi.

                 

Arco di Monterone

Struttura del III secolo a.C., presenta stipiti di grossi massi calcarei squadrati tra resti più antichi.

 

Tempio Romano

Possiamo vederne i resti sotto la chiesa di S. Ansano: cella e pronao con quattro colonne davanti, verso il Foro.

                 

Anfiteatro

Si può vedere solamente qualche avanzo: del II secolo, costruito al di fuori della cinta muraria, venne trasformato in fortezza da Totila, quindi smantellato dall'Albornoz per  ricavarne pietre. Era molto grande, a due piani, in muratura e  rivestito di blochetti.

                 

Mura

Quelle più antiche le possiamo vedere scendendo lungo via Cecili: costruite tra V e I secolo a.C. mostrano tre tipi di tecnica successiva, con blocchi poligonali, quindi quadrati e infine allungati.

 

            

I dintorni

 A pochi passi dal centro storico altri luoghi bellissimi da visitare; facendo il giro della Rocca è possibile raggiungere il maestoso Ponte delle Torri, che collega il poggio della Rocca con Monteluco: alto 80 metri e lungo 230, presenta dieci arcate leggermente ogivali; attribuito al Gattapone e fatto costruire dal Cardinale Albornoz per portare acqua nella parte più alta della città e per andare a Monteluco, il ponte rappresenta senza dubbio una delle meraviglie dell'architettura medioevale.

Procedendo dal Ponte si può arrivare al Forte dei Molini e da lì, attraverso una scalinata, giungere fino alla Chiesa di San Pietro: fu eretta nei primi anni del V secolo sul luogo di una                  necropoli dell'età del Ferro, per volere del Vescovo Achilleo – che vi portò una reliquia di S. Pietro – e ampliata nel '200; venne ricostruita a fin '300 e quindi ancora ristrutturata nel '600.La facciata che vediamo è quella frutto del lavoro fatto nel '200 e i rilievi che vi sono rappresentano la migliore                   espressione della scultura romanica in Umbria.

L'interno è basilicale a tre navate, completamente ricostruito nel 1699, quando vennero eliminate le strutture gotiche; a sinistra sul muro interno di facciata c'è un bellissimo affresco votivo del '500.

Nei dintorni del centro vi è anche la Basilica Paleocristiana di S. Salvatore.                  L'antichissima chiesa, detta anche del Crocifisso, venne costruita tra IV e V secolo e restaurata in Alto Medioevo; caduta in rovina nel corso dei secoli, è stata ristrutturata da pochi anni.

È un edificio particolarissimo, molto elegante e originale nella facciata; della prima basilica restano l'abside, il presbiterio e altre poche parti; la facciata, in origine  rivestita in marmo, è divisa orizzontalmente in due zone, l'inferiore con tre portali di marmo con architravi lavorati a                   motivi floreali, e la superiore con tre finestre.                 

L'interno è basilicale a tre navate, un tempo divise da colonne di spoglio scanalate che sostenevano la trabeazione, ora sostituita da arcate su pilastri e colonne. Il presbiterio è a pianta quadrata.

Un altro edificio religioso da visitare è S. Ponziano, dedicato al martire patrono della città morto sotto l'imperatore Antonino: è una struttura romanica del XII secolo eretta sulla catacomba di Santa Sincleta; l'interno a tre navate è stato ristrutturato nel 1788 dal Valadier.

Attraversando il Ponte delle Torri si giunge a Monteluco, splendido bosco di lecci secolari sacro fin dall'età pagana; alla fine del V secolo Isacco di Antiochia e altri anacoreti profughi dall'Oriente creano qui una comunità di eremiti che continua ad esistere, pur trasformandosi più volte, fino alla                   Rivoluzione Francese: le testimonianze di essa si trovano all'Eremo delle Grazie, presso Palazzo Lalli, che dal '500 diviene casa madre della congregazione. Nel 1218 S. Francesco fonda su questo monte uno dei suoi primi conventi: il luogo fu donato dai Benedettini e il convento venne costruito accanto alla chiesetta dedicata a Santa Caterina d'Alessandria; fu ampliato in seguito dal beato               Paoluccio Trinci, e poi da S. Bernardino da Siena, che vi dimorò nel1430.

Del convento originario abitato da S. Francesco restano un pozzo, una cappellina, e sette celle poverissime. Nel bosco intorno ci sono piccole grotte, tra cui una abitata da S. Antonio di Padova.

 

 

TODI

 

Todi deriva dalla parola "confine" ("tutere"), oppure da "tutus" ("luogo alto e fortificato"), oppure dall'etrusco "tudicolare". Quindi esistono varie ipotesi sulle origini di Todi, ed infatti è una leggenda che narra la nascita della città..."Tutero, capo degli abitanti della Valle del fiume Tevere, stava costruendo una città vicino al fiume ed aveva già tracciato i confini. Mentre i suoi uomini desinavano all'aperto sopra ad una tovaglia, giunse un'aquila che prese la tovaglia e la portò in alto facendola cadere in cima al vicino colle. Gli abitanti della valle cosiderarono tale episodio come un segno degli dei e costruirono sul colle la città di Todi".
La storia dice che Todi fu fondata dagli Umbri nel 2700 avanti Cristo; successivamente, il popolo etrusco prima e quello romano dopo (III secolo avanti cristo), se ne impadronirono lasciandovi numerose ed importanti testimonianze. Nell'88 avanti Cristo Marco Crasso spogliò dei suoi beni la città e, in seguito alla caduta dell'Impero Romano, i Goti i Greci ed i Longobardi la depredarono più volte. In questo periodo, le disgrazie della città furono alleviate da santo Vescovo Fortunato che ne divenne il protettore.
Nel Medio Evo Todi fu acerrima nemica della vicina Orvieto. Nel XII secolo divenne libero Comune e nel 1300 godette di una notevole espansione.
Nel 1236 nacque il più famoso cittadino tuderte, Jacopone da Todi, uno dei primi poeti dialettali d'Italia.
Nel 1500, dopo un lungo periodo di decadenza, la città beneficiò della spinta artistisca e innovatrice dell'epoca rinascimentale; un magnifico esempio è il Tempio della Consolazione. A questo impulso artistico contribuì molto il Vescovo Angelo Cesi che realizzo numerose opere d'arte.

 

 

ORVIETO

 

La città di Orvieto, in simbiosi con la rupe di tufo su cui è costruita, è un esempio eccezionale di integrazione tra natura e opera dell'uomo. In certi casi la testimonianza della consapevolezza di questo rapporto tra natura e architettura è manifestata esplicitamente, come nell'iscrizione apposta sul famoso pozzo di San Patrizio che recita "quod natura munimento inviderat industria adiecit" chiarendo appunto, che "Ciò che la natura aveva negato per la difesa - in questo caso l'acqua- lo aggiunseattività umana” .
Visitare questa città è come attraversare la storia, perché vi si ritrovano, stratificate e concentrate, in uno spazio fisico precostituito, le tracce di ogni epoca per quasi tre millenni.
Un percorso ideale è evocato e suggerito al turista dei nostri giorni dalle due statue di Bonifacio VIII poste sulle porte estreme della città, porta Soliana, detta poi Porta Rocca dopo la costruzione della fortezza dell'Albornoz, dalla quale il Papa entrò e porta Maggiore da cui usci. Bonifacio VIII era tutt'altro che un turista - era stato addirittura Capitano del popolo ad Orvieto - ma le sue due statue, che gli costarono anche l'accusa d'idolatria, possono se non altro simbolizzare sia l'attenzione ohe merita la città di Orvieto che la tradizionale ospitalità dei suoi abitanti.
Oggi, che non è più necessario salire sulla rupe a dorso di mulo, un moderno sistema di "mobilita alternativa" permette un comodo e tuttavia suggestivo accesso alla città: da un lato la funicolare, che nell'ottocento funzionava ad acqua, completamente ammodernata, e dall'altro un ascensore (al quale si aggiungeranno scale mobili) sono anche il segno di una riappropriazione pedonale di un centro storico che si vuole a misura d'uomo per cittadini e turisti.

I resti del Tempio del Belvedere, nei pressi del Pozzo di San Patrizio, sono quelli che più di ogni altro si avvicinano al tipo canonico del tempio tuscanico, come ci è stato tramandato da Vitruvio. Il podio, in grossi blocchi di tufo, di un altro edificio con probabile funzione religiosa è stato recentemente rinvenuto sotto il Palazzo del Popolo. La base dell'altare nella Chiesa di San Lorenzo non è altro che un'ara circolare etrusca reimpiegata. Il pozzo della cava, una geniale opera idraulica deve il suo impianto agli ingegneri etruschi.
Nei musei sono conservate le più importanti collezioni di reperti etruschi rinvenuti sia in città che nel territorio e fra questi spiccano per interesse le terrecotte architettoniche dei templi. Il Santuario di Cannicella (in fase di scavo) e la Necropoli del Crocefisso del Tufo, sotto la rupe orvietana, completano l'immagine dell'ultima città etrusca distrutta dai Romani.

In epoca altomedioevale la rupe orvietana tornò ad essere un sito appetibile come baluardo naturale e nei secoli intorno al mille si formò il nuovo centro urbano che nel XIII e XIV secolo ebbe la sua maggiore espansione, con una originale struttura urbanistica che è rimasta pressoché inalterata nel tempo. Gli edifici pubblici più rappresentativi - il Palazzo Comunale, il Palazzo del Popolo, il Duomo e il Palazzo dei Sette- trovano spazio nel sistema urbano affiancandosi alle Chiese più antiche - San Giovenale, Sant'Andrea - ai conventi di San Domenico, San Francesco, Sant'Agostino e Santa Maria dei Servi, al complesso del Palazzo Papale - ed ai palazzi privati con le loro torri gentilizie.
La città-stato medievale, con Orvieto al centro di un vasto territorio, trovò nel libero comune la massima espressione civile e politica; si svilupparono le Arti e i Mestieri ohe arricchivano la società di raffinati manufatti, mentre la vita cittadina scorreva operosa - ora tranquilla ora tumultuosa - scandita dai battiti dell'orologio del Maurizio, il primo automa che regolò il tempo del lavoro.

Il Finimondo che il Signorelli affrescò nella Cappella di San Brizio in Duomo tra il 1499 ed il 1503 segnò la fine di un'epoca, quella medioevale, e l'inizio dell'era moderna. Non è un caso, infatti, che uno dei personaggi rappresentati nella scena dell'anticristo sia stato identificato in Cristoforo Colombo. Nell'arco di tutto il cinquecento la città si rinnova e sul vecchio tessuto medioevale nascono nuovi palazzi e chiese progettati da alcuni architetti famosi come Michele Sammicheli, Antonio da Sangallo il giovane, Simone Mosca e Raffaello da Montelupo; nella seconda metà del secolo è dominante la figura dell'orvietano Ippolito Scalza che più di ogni altro contribuì a trasformare il volto della città.
Un analogo fenomeno di rinnovamento urbano si verifica ancora nell'Ottocento grazie all'intervento qualificato di altri architetti, come Giuseppe Valadier e Virginio Vespignani che abbellirono la città di nuove opere pubbliche e private di stile neoclassico. Così percorrendo le strette vie tipiche dell'impianto inalterato del medioevo, si scoprono continuamente facciate classiche ed eleganti architetture di epoche differenti che danno la misura della storia di una città che, pur rinnovandosi, conserva tutto il suo antico fascino.

 

AMELIA

Le primitive migrazioni dei popoli sono partite, non vi e' dubbio, dall'oriente, culla dell'umanità, di là arrivarono i primi abitatori d'Italia. M.P.Catone il Censore, che compilò le sue memorie storiche sulle antiche epigrafi, afferma, che Amelia fu ricostruita l'anno 381 prima della fondazione di Roma. Questa data avvalora l'opinione di chi ritiene che le mura poligonali, formate di grandi massi roboendrici, affacciati ed incuneati e connessi ad incastro e senza calce, siano state elevate dai Pelasgi; e che in antecedenza la città fosse munita di cinta ciclopica. La fondazione vera e propria di Amelia e' infatti da ritenere ad opera di un re di una comunità di Aborigeni, detto Amiro od Ameroe che intorno all'anno 1134 a.c. scelse queste terre come dimora per la sua gente. Successivamente occupata dai Pelasgi, che non lasciarono altra traccia all'infuori delle mura poligonali, questi dovettero cedere il posto agli Umbri, soggiogati a loro volta dagli Etruschi.  Dopo la guerra latina del 338 a.c. Amelia diventò Municipio sotto il controllo di Roma, con ordinamenti propri in armonia alla costituzione romana. Una delle nove vie militari romane, la Vejetana, poi detta Amerina, transitava per Amelia, diretta a Todi, Bettona, Perugia, unendosi a Chiusi colla Cascia.Sul fianco orientale dello sperone, che culmina al Montepiglio, si possono ancora oggi vedere nel vivo le tracce di rotaie percorse dai carri romani. Durante la dominazione romana, Amelia godette indubbiamente di un periodo di magnificenza; ciò si può facilmente evincere dai molteplici reperti storici dell'epoca rinvenuti ( resti di terme, edifici, cisterne, ecc.).

Per quanto concerne il sorgere del cristianesimo in Amelia non si e' a conoscenza di precise fonti al riguardo, si può tuttavia dedurre che, data la sua vicinanza con Roma e l'agevole transito per la via Amerina, non siano mancati proseliti della nuova religione sin dagli albori. Una ben radicata tradizione parla del martirio ( sotto Diocleziano ) in questi luoghi di Fermina, giovanetta romana, che divenne poi patrona, con Olimpiade suo contemporaneo persecutore pentito e giustiziato, della città di Amelia. In seguito all'emanazione dell'Editto di Costantino ( 313 ), con cui si liberalizzò il culto cristiano, le chiese di Roma e delle città vicine si rinvigorirono e si costituirono in questo periodo le prime residenze vescovili. Amelia iniziò la sua funzione di sede vescovile con Ortodulphus intorno all'anno 363, IN AMERINA ECCLESIA PASTORALIS ONERIS ELATOR, SUB B. JULIO ROM., ANNO D.NI CCCXLIX . I Goti guidati da Totila, dopo aver preso Perugia ed ucciso il suo vescovo Ercolano, assediarono Amelia per diversi giorni e la saccheggiarono ( circa l'anno 548 ). Fu dominata in seguito da Faraoldo I, Duca longobardo di Spoleto ( 579 ), successivamente passò ai Romano-Bizantini, e si trovò nello stretto lembo di terra che univa l'esarcato di Ravenna denominato Corridoio Bizantino. Appartenne poi alla Santa Sede, che provvide, sotto il pontificato di Leone IV ( sec. IX ), a restaurare le mura per far fronte alle frequenti incursioni saracene.

 IL MEDIOEVO

Non si conosce la data in cui Amelia divenne Comune, ma si sa con certezza che nel 1065 combatté una guerra di comuni a fianco di Todi e Foligno contro Perugia. Orvieto e Gubbio, ciò dimostra una sua già consistente organizzazione comunale. Preposti alla reggenza del Comune in quell'epoca erano i Consoli (due o quattro),che venivano eletti tra gli uomini più rappresentativi (Optimates). Nel 1208 innanzi all'abbazia di S.Secondo in Amelia fu stipulato un contratto di pace con Todi, che i Todini interpretarono sempre come un vero atto di sottomissione, tanto che successivamente in diverse occasioni, Todi manifestò una ricorrente ambizione di voler tenere sotto controllo Amelia, sopratutto per motivi politico-commerciali legati alla Via Amerina. Nell'ambito della lotta tra Papato e Impero, a causa della propensione che dimostrava nei confronti della Santa Sede, Amelia dovette subire un saccheggio ad opera delle truppe di Federico II (1240). Con questa calamità iniziò il declino di Amelia ed il suo coinvolgimento nelle dispute tra Guelfi e Ghibellini, mentre permanevano costanti i tentativi dei Todini di imporre la loro supremazia. Papa Alessandro IV, in suo breve al comune di Todi, cosi si esprimeva : " Non abbiamo dimenticato quanto faceste alla città di Amelia, che spopolaste contro la nostra inibizione, anzi in nostro obobrio " (Arch. di Todi ). Verso la metà del secolo XIV la politica della città fu influenzata dal Cardinale Egidio di Albornoz; egli riuscì a togliere diversi e gravosi oneri che Amelia aveva nei confronti di Todi ed operò ritocchi sulle riforme di quel periodo, conservate nell'archivio del Comune insieme ad altri codici ed agli Statuti, esempi mirabili di arte legislativa che dimostrano come fosse stato reso funzionale l'ordinamento comunale. La fine del XIV secolo e l'inizio del XV vedono Amelia attraversare un periodo di carestia tremenda, i cui effetti erano aggravati dai tributi imposti da Roma e dai taglieggiamenti operati da diversi Capitani di Ventura, per cui si ebbe un forte incremento dell'esercizio dell'usura ed un pesante impoverimento dell'economia cittadina. l'11 novembre 1417 fu eletto Papa, il Cardinale Ottone Colonna (Martino V), il quale avendo frequentato in precedenza Amelia e avendo nei confronti  della stessa una sorta di simpatia confermò i suoi privilegi verso la città la quale da ciò confortata iniziò a riprendersi. Nel 1426 S.Bernardino da Siena predicò in Amelia contro la bestemmia e l'usura. Amelia, pur condizionata essenzialmente dallo Stato della Chiesa, continuava con alacrità a difendere i criteri di autonomia e di  liberta comunale incoraggiata dagli auspici favorevoli di un illustre amerino, assurto ai vertici della carriera ecclesiastica, Mons. Angelo Geraldini. Nel 1476 Papa Sisto IV, allontanandosi da Roma dove infieriva la peste,  fu ospitato in Amelia dai Geraldini a spese del Comune. Risale a questo periodo inoltre la vita e le opere di Pier Matteo d'Amelia, il pittore sicuramente più illustre della città, al quale si attribuisce l'affresco della parete principale della cappella Sistina di Roma e il dipinto dell'Annunciazione Gardner, attualmente conservato a Boston

 STORIA MODERNA

Alessandro Geraldini, al servizio della Corte di Spagna e confessore della Regina Isabella, intercesse affinché Cristoforo Colombo ottenesse le tre caravelle che lo avrebbero poi portato alla scoperta del Nuovo Mondo. Il Geraldini fu in seguito nominato primo vescovo d'America in S.Domingo dove morì l'8 marzo 1524 ed ivi riposa. Nei secoli successivi la storia di Amelia si identifica completamente con quella dello Stato della Chiesa e non sono occorsi fatti di particolare rilevanza storica. Nel periodo del Risorgimento Italiano, i moti del 1848-49 trovarono in Amelia una fitta schiera di volontari; gli esponenti principali furono il Conte Luigi Franchi ed Antonio Girotti, i quali rispettivamente con il grado di Tenente Colonello e di Capitano parteciparono nel 1848, con il Generale Durando, alla difesa di Vicenza e nel '49 alla Repubblica Romana. Angelo Brunetti detto Ciceruacchio fu ospitato (1849), fuggiasco da Roma, nel palazzo Franchi (Via della Repubblica). I patrioti amerini nel 1859 parteciparono ai moti insurrezionali, finché il 21 settembre 1860 le truppe piemontesi del generale Brignone entrarono nella città e nel 1867 parteciparono alla sfortunata impresa di Mentana per la liberazione di Roma. Nel 1860 i parroci dovettero consegnare alle autorità del nuovo Stato Italiano i libri baptizatorum, matrimoniorum et mortuorum che erano, nello Stato Pontificio, da loro tenuti (attualmente questi libri sono conservati nell'archivio storico del Comune). Il nuovo governo monarchico procedette, anche in Amelia, all'espropriazione di innumerevoli beni della Chiesa. Furono chiusi ed espropriati i conventi di S.Francesco, di S.Agostino, di S.Giovanni fuori le mura ed inoltre i monasteri di S.Angelo, S.Caterina e S.Monica. Questi due ultimi furono tuttavia acquistati da devoti benefattori, che li restituirono subito alla comunità ecclesiastica. Oltre ai conventi suddetti esistevano, come ancora oggi, quelli di S.Magno, di S.Maria dei Laici e nella campagna circostante, il convento dei Cappuccini e della SS.Annunziata che costituivano in Amelia un rappresentanza ecclesiastica notevole. Agli inizi del secolo oltre ad una fiorente agricoltura concentrata sopratutto attorno alle grosse aziende (Carità, Barcherini, Farrattini, Morelli e Colonna), nacque la prima industria locale grazie sopratutto alle iniziative imprenditoriali di Domenico Federici, Quirini Girotti ed Ermenegildo Cerasi, che rispettivamente operarono nel campo alimentare i primi due e meccanico il terzo. Attività molto diffusa era la coltivazione del baco da seta, dei fichi, prugne e visciole secche che venivano in grandi quantità smerciate su Roma. Amelia è stata da sempre rinomata per la caccia dei colombi di passo specializzandosi a tal punto da costituire dei piccoli complessi con casette, stagni ed abbeveraggi per incrementare la cattura con le reti la cacciagione veniva poi venduta sui mercati principali dell'Italia centrale. Numerose, nei primi anni del secolo, le emigrazioni sopratutto verso gli Stati Uniti e l'Argentina. Il primo acquedotto cittadino, quello di Capita, risale a quest'epoca; esso portò alla installazione delle fontanelle pubbliche ed al graduale abbandono dei pozzi. La luce elettrica arrivò in Amelia nel 1911 a sostituire la pubblica illuminazione a petrolio; già nel 1914 si rappresentavano i primi films muti: il primo locale adibito a cinematografo fu l'androne del Palazzo Ercolani (Via della Repubblica al n.c.28), e successivamente quello del Palazzo Tinarelli ora Pagliaricci (Via della Repubblica al n.c.54) nel quale esiste tuttora la vecchia cabina per la macchina da proiezione. Anche i vecchi molini ad acqua vennero via via elettrificati o chiusi; lo stesso accadde per i forni. Una istituzione che dava lustro all' Amelia di allora era il Collegio Convitto Boccarini che venne eretto ad ente morale con R.D. del 29 novembre 1893 e posto alle dipendenze della Congregazione di Carità che lo amministrava a mezzo del Consiglio Direttivo e lo sussidiava con le rendite del legato del Conte Flavio Boccarini, donde il nome, e successivamente anche del lascito Ciatti. Comprendeva i quattro corsi dell'Istituto Tecnico Inferiore, i tre della Scuola Complementare Pareggiata e le cinque classi elementari. I convittori indossavano una elegante divisa di stile militare, come era uso nei collegi di classe in quell'epoca (successivamente il collegio passò ai Salesiani che lo gestirono dal 1932 al 1954). Altra istituzione da menzionare è il Tiro a Segno Nazionale con poligono di tiro in località La Gioiosa munito di bersagli a 100, 200 e 300 metri; i tiratori ritornavano in città dopo le varie manifestazioni accompagnati da una propria fanfara in divisa; il poligono funzionò sino alla fine degli anni '30, da ultimo fu utilizzato per istruzione militare. Nel 1929 fu aperta una scuola forestale denominata Scuola Allievi Militi, che avrebbe potuto aprire alla città interessanti prospettive, ma fu soppressa appena due anni dopo. Una citazione a parte meriterebbero le numerose associazioni e circoli, che hanno operato in Amelia dal '700 ad oggi; ricordiamo l'Accademia degli Ameliofobi (sec.XVIII) il cui nome, per un curioso scherzo di parole di origine greca, contrassegnava un'associazione contro l'apatia cittadina, il Circolo Popolare di Amelia, creato con fini patriottici il 15 dicembre 1848 in pieno clima risorgimentale e, della stessa epoca la Filarmonica Amerina. Negli ultimi anni del secolo XIX e fino alla fine degli anni '30 operarono la Filodrammatica, il Circolo Cattolico S.Fermina, il Circolo Unione, con fini ricreativi e il Circolo S.Caterina. Nel 1782 venne fondato il Teatro Sociale che ha sempre rappresentato un momento aggregante per la vita culturale, artistica e ricreativa degli amerini. Nel 1813 nacque ad Amelia Augusto Vera, al quale é dedicata una piazza del centro storico della città, filosofo di scuola hegeliana e accademico dei Lincei, fu ordinario dell'Università di Napoli ove tenne, tra il 1862 e il 1865, un corso di studi sull'interpretazione della Filosofia della Storia di Hegel: le lezioni vennero condensate in  una serie di scritti che confluirono nell'Introduzione alla Filosofia della Storia. Alla prima guerra mondiale gli amerini contribuirono con 188 soldati morti sui campi di battaglia. Durante il fascismo, come in ogni parte d'Italia, si susseguirono adunate, discorsi, cortei e saggi ginnici si svolgevano tra Piazza del Municipio, Piazza Vittorio Emanuele (oggi Piazza G.Marconi), Via Garibaldi, Corso Vittorio Emanuele ( oggi Via della Repubblica) ed avanti al monumento dei caduti. In quegli anni furono creati gli attuali giardini pubblici ingrandendo i precedenti che si componevano della sola parte triangolare prospiciente il ristorante Anita e successivamente fu impiantata la pineta di Nocicchia. Nelle guerre di Spagna, di Etiopia e nella seconda guerra mondiale caddero 34 amerini. Dopo l'8 settembre le campagne circostanti Amelia accoglievano importanti depositi tedeschi di viveri e di munizioni per il rifornimento del fronte di Cassino. Il comando tedesco risiedeva in palazzo Colonna ed altri uffici nell'ex Albergo Centrale, nelle ville Aspreta, S.Giovanni e alla Gabelletta. Sebbene un gruppo di partigiani operasse nei boschi intorno a Macchie non vi furono in città azioni notevoli ne rappresaglie al contrario numerosi cittadini lavorarono, per lo più liberamente, alle dipendenze dei tedeschi. L'unica tragica azione bellica che Amelia ricorda drammaticamente fu il bombardamento alleato del  25 gennaio 1944 durante il quale per errore invece del ponte Grande, fu colpita la chiesa di S.Elisabetta e l'annessa scuola elementare femminile; vi restarono uccise 12 alunne, la direttrice Jole Orsini, un operaio e tre suore. La chiesa nella ricostruzione prese il nome di S.Lucia. Il primo fatto importante del dopoguerra fu, per gli amerini di allora  "Il Passatore", film interamente girato in Amelia, per la regia di Coletti. L'avvenimento coinvolse veramente tutti, non solo dal punto di vista economico, ma anche passionale e per taluni sentimentale. Ad Amelia si riversò una schiera di macchinisti, di tecnici e di attori; si potè vedere da vicino Rossano Brazzi, Valentina Cortese, Folco Lulli, Gino Cervi, Carlo Campanini, i fratelli Ninchi e l'allora astro nascente Alberto Sordi: era il 1947. Il grande Albertone tornerà nuovamente ad Amelia diversi anni dopo per girare alcune scene del Il Marchese del Grillo all'interno del Teatro Sociale. Gli anni successivi sono storia contemporanea dove la vita di città si svolgeva maggiormente entro le mura; non c'era un campo di calcio (eccetto quello dei Salesiani) ne altro impianto sportivo salvo Lo Sferisterio a ridosso delle mura accanto a Porta Romana; tutte le strade erano bianche e polverose così come tutte le vie interne della città erano bianche ed imbrecciate; le automobili tra private e pubbliche erano circa venti. Il 21 agosto 1949 la ditta Paolocci e Quadraccia inaugurava il Cinema Perla con il film Melodie eterne. Dopo i podestà del ventennio fascista nel 1946 venne eletto sindaco il fabbro socialista Cafiero Liberati che sarebbe rimasto in carica per 18anni.

 

 

NARNI

Tipica città umbra con forti connotazioni medievali. La città domina la gola del fiume Nera. Offre itinerari artistici, archeologici, religiosi e naturalistici. Le prime notizie di Nequinum (questo il suo nome originario) risalgono al 600 a.C. Nel 299 a.C. fu colonia romana col nome di Narnia. Nel 90 a.C. diviene Municipium. Nel 368 vi si insedia il primo Vescovo cristiano, S.Giovenale, divenuto Patrono della città. Nell'XI sec. Narni diviene potente Comune. Fioriscono le Arti ed i Mestieri. Tra il Medioevo ed il Rinascimento operano a Narni artisti come il Rossellino, il Ghirlandaio, Benozzo Gozzoli, il Vecchietta, A. Romano e lo Spagna. Nel 1527 subisce il Sacco dei Lanzichenecchi e molti edifici sono distrutti. Viene poi ricostruita nel XVI secolo ritornando al suo antico splendore. Narni ha dato i natali a uomini illustri, tra cui: l'imperatore Cocceio Nerva,  S. Cassio, il condottiero Erasmo il Gattamelata, Galeotto Marzio, la Beata Lucia, Berardo Eroli ed altri. Numerose sono le testimonianze artistiche, tra cui  la Cattedrale costruita tra il 1000 ed il 1100 fu consacrata nel 1145. Stile romanico, gotico nell'abside, conserva al suo interno uno dei più antichi monumenti sacri umbri: il Sepolcro dei SS. Giovenale e Cassio, con sarcofago del VII secolo e mosaico del IX sec. e altre opere di Rossellino, Vecchietta, Torresani, Agresti e dipinti di vari artisti locali. Notevole anche la Chiesa di S.Maria  del 1175 con tre portali e bei capitelli sulle colonne all'interno (tre navate). I sotterranei ospitano una cripta sorta sui resti di una Domus romana con cisterne. Altre chiese degne di nota sono: quella di S.Domenico: (sec. XII) già S.Maria maggiore, oggi sede dell'archivio storico e della Biblioteca. Alta torre campanaria, notevole portale all'esterno. Nell'interno a tre navate si trovano resti di pavimento cosmatesco, la Cappella del Gattamelata, un tabernacolo in marmo, affreschi dello Zuccari (1570). Sotto la Chiesa i sotterranei che ospitano una Chiesa più antica con affreschi del XIII secolo, resti romani ed una cella carceraria con graffiti lasciati dai prigionieri dell'Inquisizione.  Chiesa di S.Francesco: (XIII sec.) costruita su di un oratorio durante la presenza del Santo a Narni. E' ricca di notevoli affreschi del Mezzastris e del Torresani. Chiesa di S.Agostino: (XIV sec.) conserva un ricco patrimonio d'arte. Soffitto ligneo con tela di F.Benincasa, affreschi di Piermatteo d'Amelia, A. Romano e del Torresani. Tra i monumenti più importanti il  Palazzo dei Priori (1275), con l'arengo e la Loggia attribuita al Gattapone. Il Palazzo Comunale, realizzato nel 1273 dall'unione di tre torri abitative medievali: sulla facciata vari resti di iscrizioni, un portale con bassorilievi e colonnine del '400. Nella sala Consiliare vari affreschi: l'Incoronazione della Vergine (Ghirlandaio), S.Francesco stimmatizzato (Spagna) e l'Annunciazione (B.Gozzoli). Vi si conserva anche una interessante Mummia egizia. Palazzo Scotti del '500 affrescato dagli Zuccari, Palazzo Cardoli del '400, Palazzo Capocaccia del 1545 e la casa natale del Gattamelata. La città è ricca di Torri, tipiche case medievali, alcune di esse furono abbassate, ma altre spiccano ancora al di sopra dei tetti. La torre del Palazzo dei Priori (XIII sec.), la Torre dei Marzi (XIV sec.) casa natale di Galeotto Marzio, Torre Civica (XIV sec.) ed altre. Le Porte erano le vie d'accesso alla città medievale attraverso le mura civiche. Porta della Fiera, attribuita al Vignola, Porta Ternana o delle Arvolte, fatta costruire da Sisto V, Porta Romana del 1545, Porta Polella   (XIII sec.), Porta Pietra (XIII sec.). Tra i Palazzi, le Chiese e le Torri scorrono le antiche vie medievali, ricche di scalinate, archi e balconcini, caratteristiche urbane più spiccate nella parte "a monte" della città.  Attraversando questa parte si giunge alla Rocca Albornoziana (1370 ca.) attribuita ad Ugolino da Monemarte su commissione del Cardinale Albornoz. Inoltre il Ponte d'Augusto (Ponte di Narni) costruito nel 27 a.C. Sopra di esso passava la Via consolare Flaminia.

 

NORCIA

Di antiche origini sabine, già nel II° secolo a.c.divenne un fiorente municipio romano e fino al VI secolo fu sede di diocesi. Sorge sulla pianura d Santa Scolastica a ridosso della catena dei Monti Sibillini, interamente cinta da mura trecentesche, del tutto intatte, è ricca di rilevanti testimonianze storico –artistiche.Sulla Piazza San Benedetto, centro della città, si affacciano gli edifici più importanti: la Basilica dedicata a San Benedetto, patrono d'Europa, con la suggestiva cripta nella quale, secondo la leggenda, ne V secolo nacquero S. Benedetto e la sua gemella Santa Scolastica. Di lato sorge il Palazzo Comunale con il portico trecentesco, di fronte al quale si può ammirare la possente costruzione della Castellina fortezza eretta dal Vignola nel XVI secolo. che oggi ospita il Museo ricco di interessanti opere d'arte. A chiudere la piazza Cattedrale di Santa Maria Argentea, all'interno della quale si conserva un affresco degli inizi del XVI secolo attribuito al pittore oca e Francesco Sparapane. Tra le numerose chiese presenti nell'abitato, ricche di significative opere d'arte, spicca quella di S. Agostino con affreschi del XV – XVI secolo di cui alcuni eseguiti da valenti pittori locali. Non possiamo dimenticare tra le bellezze da visitare il Tempietto. costruzione del XIV secolo.Ai piedi del massiccio del Monte Vettore a quota 1482 metri si estende l'immensa Piana di Castelluccio, delimitata ad oriente da cime che si elevano ben oltre i 2000 metri. Questo particolare ambiente naturale, per il maestoso spettacolo che offre, può veramente considerarsi come il cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Molti, inoltre, sono gli appuntamenti che richiamano numerosi turisti a Norcia durante l'anno.

 

MONTI SIBILLINI

Il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, è costituito, da una catena montuosa che si erge nel cuore dell'Italia, fino a raggiungere, con il M. Vettore, i 2.476m. E' un territorio dove la magia, la natura, la storia e la cultura locale, hanno contribuito a definire una realtà unica ed irripetibile. E' qui, nel regno della mitica Sibilla che nel 1993 è nato il Parco (oltre 70.000 ha) con lo scopo di salvaguardare l'ambiente, promuovere uno sviluppo socio-economico sostenibile, e favorire la fruizione ad ogni categoria di persone, così da costituire un "Parco per tutti". I sentieri escursionistici che, come una rete attraversano queste montagne, garantiscono dalla primavera all'autunno di poter scoprire in maniera vivificante, sia l'ambiente naturale che quello storico culturale. L'inverno, quando le cime più elevate sono ricoperte delle abbondanti nevi, rappresenta invece un'occasione nuova per muoversi, sci ai piedi, fra boschi e valli avvolti da un silenzio assoluto. Passeggiate a cavallo, in mountain bike, voli in deltaplano  o col parapendio, arrampicate su roccia e ghiaccio, sono altre opportunità che si offrono ai visitatori del Parco. I Sibillini nel Medioevo, erano conosciuti in tutta  Europa come regno di demoni, negromanti e fate. Fra le numerose leggende le più famose sono quelle della Sibilla, l'illustre profetessa, che viveva in una grotta sita sull'omonimo monte, e quella di Pilato secondo la quale il corpo esanime del famoso procuratore romano, fu trascinato da alcuni bufali nelle acque rosseggianti del "demoniaco" lago, sito nell'alta incisione  valliva, che attraversa longitudinalmente il massiccio del Vettore. Il lupo, l' aquila reale, il falco pellegrino e numerose specie endemiche sono i segni più evidenti di una diversità e di una ricchezza biologica che unitamente al fascino delle abbazie e dei centri storici medioevali, disseminati a guisa  di corona alle falde del gruppo montuoso, hanno contribuito a determinare un mondo antico e suggestivo, dove il tempo sembra ancora oggi, essersi fermato per rendere omaggio a una realtà di così straordinaria bellezza.